SOCIETA' NATURALISTICA SPELEOLOGICA MAREMMANA
AMBA ALAGI - GPS: 12.58.35  - 039.31.30  quota: 3440

AMBA ALAGI
Amba Alagi è un'alta montagna (amba) dell'Etiopia (3.438 metri). Si trova nella Regione dei Tigrè, nell'Etiopia settentrionale, e più precisamente nell'area del Debubawi (sud). Dall'Amba Alagi si domina la strada che collega Macallè e Mai Ceu; a causa della sua posizione strategica, la montagna fu teatro di numerose battaglie.


Battaglia dell'Amba Alagi
La battaglia dell'Amba Alagi fu una celebre battaglia avvenuta durante la guerra di Abissinia, presso il monte Amba Alagi, nell'acrocoro etiope. Il 7 dicembre 1895 il presidio italiano comandato dal maggiore Pietro Toselli, composto da 2.300 uomini tra nazionali ed indigeni, venne assalito da circa 30.000 abissini; nello scontro, le forze italiane vennero completamente annientate. Per onorare i caduti di questa sanguinosa battaglia, gli ascari (la fanteria coloniale italiana) del IV Battaglione indigeni (intitolato allo stesso Toselli) portarono da quel momento la fascia nera in segno di lutto.


Antefatti
La montagna dell'Amba Alagi si trova nella regione di Tigrè, ed è posta sulla principale via che collega l'Etiopia all'Eritrea, all'epoca una colonia italiana; per via della sua posizione strategica, la montagna era stata temporaneamente occupata, nell'ambito dell'invasione italiana del Tigrè, il 13 ottobre 1895 da un contingente di truppe al comando del generale Giuseppe Arimondi, nominato poi comandante delle forze italiane dislocate nella regione. Il 16 novembre, informato che un grosso esercito etiope al comando del negus Menelik si stava ammassando ai confini della regione, Arimondi inviò sulla montagna, con compiti di osservazione e presidio, una compagnia del III Battaglione indigeni al comando del capitano Persico, rinforzandola il 24 novembre con un contingente più numeroso, composto dal IV Battaglione indigeni (4 compagnie), una serie di bandeirregolari eritree al comando di ras Sebath e Scech Thala, e una batteria di artiglieria con quattro cannoni 7 BR Ret. Mont., il tutto posto al comando del maggiore Pietro Toselli; in totale, il maggiore poteva contare su 2.350 uomini tra italiani ed indigeni del Regio corpo truppe coloniali d'Eritrea.
Il 27 novembre Toselli si spinse in ricognizione con un piccolo distaccamento verso il villaggio di Belagò, a nord di Mai Cèu, da dove la sera del 28 avvistò i fuochi di un grosso accampamento; si trattava dell'avanguardia del principale esercito etiope, forte di 30.000 uomini posti al comando del cugino del negus, ras Mekonnen Welde Mikaél. Toselli ripiegò sul villaggio di Atzalà, più vicino all'Amba Alagi, inviando anche il 30 novembre un messaggio ad Arimondi informandolo dell'avvistamento. Arimondi ritrasmise il messaggio di Toselli al comandante in capo delle truppe italiane in Eritrea, generale Oreste Baratieri, da poco tornato nella colonia dopo un viaggio in Italia, ed iniziò a radunare truppe nella città di Macallè.
Il 1º dicembre, gli avamposti italiani ad Atzalà scambiarono alcuni colpi con le truppe di testa della colonna di Mekonnen, dando così inizio alle ostilità; conscio della schiacciante inferiorità numerica, Toselli fece ripiegare tutte le sue truppe sull'Amba Alagi il 4 dicembre, chiedendo istruzioni ad Arimondi. Il generale ordinò di mantenere la posizione ed informò Toselli che il 6 dicembre sarebbe giunto egli stesso con un contingente di rinforzo, ma il 5 dicembre Arimondi ricevette l'ordine da Baratieri di non muoversi da Macallè e di far ripiegare sulla città il contingente di Toselli, mantenendo il contatto con il nemico; il messaggio con l'ordine di ripiegamento non raggiunse mai Toselli, che, ubbidendo al precedente ordine di resistere in attesa dei rinforzi, si preparò al combattimento sull'Amba.


La battaglia
Prevedendo di combattere il giorno seguente, la sera del 6 dicembre Toselli dispose le sue truppe a difesa del versante sud dell'Amba: sulla sinistra, a difesa del passo di Falgà, vennero schierate le bande irregolari di ras Sebath con, in appoggio, la compagnia ascari del capitano Issel, mentre la compagnia del capitano Canovetti venne posta più avanti, in direzione di Atzalà, a difesa del passo Alangi; al centro, in una spianata a sud-ovest della vetta dell'Amba, vennero schierate la batteria d'artiglieria e la compagnia del capitano Persico, con dietro, in riserva, le compagnie dei capitani Ricci e Bruzzi Alieti; sulla destra, a difesa del colle Togorà, vennero poste le bande irregolari di Scech Thala e del tenenteVolpicelli.
La battaglia ebbe inizio alle 6:30 del 7 dicembre, quando una colonna etiope attaccò frontalmente le posizioni della compagnia Canovetti, venendo respinta con gravi perdite. Poco dopo, una colonna etiope guidata da ras Oliè, compiendo una manovra aggirante, si abbatté sulla banda di ras Sebath presso il passo di Falgà, obbligandola a
ripiegare sulla posizione tenuta dalla compagnia ascari di Issel; la posizione di Issel, rinforzata dalla compagnia di Canovetti accorsa in appoggio, venne investita da grossi contingenti nemici, ma riuscì a resistere. Verso le 9:00, Toselli inviò in appoggio all'ala sinistra la compagnia ascari di Ricci, che giunse giusto in tempo per respingere un nuovo attacco condotto dalle truppe di ras Mekonnen e ras Mikael.
Verso le 10:00 gli etiopi impiegarono il grosso delle forze, attaccando la destra italiana con i contingenti di ras Alula Engida e ras Mangascià, il centro con le truppe di ras Mekonnen e ras Mikael, e la sinistra italiana di nuovo con le truppe di ras Oliè. Pressato da tre lati, alle 12:30 Toselli ordinò alle truppe dell'ala sinistra di ripiegare a ridosso dell'Amba, mentre le salmerie venivano predisposte per la ritirata generale attraverso il colle Togorà sotto la protezione di una centuria al comando del tenente Pagella. Alle 12:40 Toselli diede ordine di iniziare la ritirata a scaglioni, sotto la protezione della compagnia del ten. Carlo Bruzzi Alieti; ben presto però le masse etiopi, in schiacciante superiorità numerica, furono in grado di dilagare sulla spianata davanti la vetta dell'Amba, travolgendo le truppe di Bruzzi ivi attestate. Quando anche la resistenza delle bande dell'ala destra cedette, la ritirata si trasformò in una fuga disordinata, e i reparti italiani furono annientati. Il maggiore Toselli, che procedeva in coda alla colonna in ritirata insieme ai capitani Canovetti, Persico e Angherà, venne ucciso dagli etiopi con i suoi ufficiali nei pressi della chiesa di Endà Medàni Alèm (o di Bet Mariàm). Il contingente di Toselli venne quasi completamente annientato, con la perdita di 19 ufficiali e 20 graduati e soldati italiani, e di circa 2.000 tra ascari ed irregolari.
I pochi superstiti, guidati ora dai tenenti Pagella e Bodrero, raggiunsero alle 16:30 il villaggio di Adrerà, dove trovarono una colonna di 1.500 ascari italiani guidati dal generale Arimondi, partita la sera del 6 dicembre da Macallè per appoggiare il previsto ripiegamento di Toselli; raccolti i superstiti, la colonna, sotto attacco da parte degli etiopi, ripiegò in direzione di Macallè, ove giunse all'alba del giorno dopo.


Seconda battaglia dell'Amba Alagi
La seconda battaglia dell'Amba Alagi fu una celebre battaglia della Seconda guerra mondiale, svoltasi presso la montagna di Amba Alagi nella regione del Tigrè, nell'odierna Etiopia settentrionale.
Le forze in campo
Italia
Al momento dell'attacco le truppe italiane raggiungevano i 7000 uomini tra cui un battaglione mitraglieri, un reggimento di artiglieria con 40 cannoni da 65/17 ed un reggimento di fanteria.
Alleati
Il numero dei soldati britannici ammontava a 41.000 di cui 25.000 anglo-indiani e 16.000 abissini. Constava di una divisione indiana, un raggruppamento di brigate sudafricane e vari reparti indigeni. Dopo la conquista di Dessiè si unì a loro un gruppo di guerriglieri etiopici.


Le cause
Durante la Seconda guerra mondiale, di fronte alla travolgente avanzata dei britannici nell'Africa Orientale Italiana, il Viceré d'Etiopia Amedeo di Savoia aveva dato alle sue truppe l'ordine di proseguire la lotta nei ridotti dell'Amba Alagi, del Galla Sidama e dell' Amara. Le truppe italiane rimaste al comando di Amedeo di Savoia, si ritirarono da Addis Abeba per organizzare l'ultima resistenza sulle montagne dell'Amba Alagi, mentre il Galla Sidama era difeso dal generale Pietro Gazzera e l'Amhara dal generale Guglielmo Nasi. Gli italiani lasciarono Addis Abeba il 5 aprile e la città venne occupata dagli inglesi il giorno dopo.


La resistenza
Il 17 aprile il duca d'Aosta si asserragliò con 7.000 uomini sull'Amba Alagi fortificandola. L'Amba Alagi è un monte alto circa 3000 metri che fa parte di una catena montuosa formata da 9 monti; nei pressi della catena montuosa si
trova la strada che da Dessiè porta al nord e attraversava la catena tramite il passo Alagi, dal nome del monte che lo domina.
Gli inglesi ebbero l'ordine di inseguire gli italiani ed occupare la loro posizione. Dopo 3 giorni di marcia, rallentata dai numerosi tratti di strada distrutti e dalle resistenze italiane, il 22 aprile gli inglesi espugnarono la città di Dessiè, a sud dell'Amba Alagi. Alla fine del mese la situazione cominciò a complicarsi per gli italiani che si trovano senza rifornimenti, con le truppe indiane provenienti dall'Eritrea ai piedi dell'Amba guidate dal generale Cunningham.
Nei primi di maggio crebbe la pressione dei britannici, ma il 3 maggio gli italiani respinsero un duplice attacco inglese: mentre un reggimento avrebbe fatto da diversivo muovendosi verso est, verso il passo Falagà, un battaglione avrebbe guidato l'attacco al massiccio centrale; entrambi gli attacchi furono respinti dagli italiani.
Il 4 maggio gli inglesi riuscirono a occupare tre cime della catena grazie all'intervento dell'artiglieria. Il giorno successivo riuscirono a occupare un'altra cima, ma non arrivarono oltre per l'efficace fuoco di sbarramento operato dalle mitragliatrici italiane. Nel silenzio della notte gli inglesi riuscirono a risalire l'Amba e ingaggiarono battaglia; nel frattempo un altro gruppo di inglesi approfittò dello scontro per occupare un altro monte. Poi, l'arrivo di nuovi rinforzi inglesi consentì loro l'occupazione della nuova cima. La montagna successiva fu conquistata dopo altri due attacchi il 14 maggio. Ora rimaneva soltanto l'Amba Alagi.


La fine
I soldati italiani, inferiori sia per numero che per mezzi diedero prova di grande valore in questa battaglia ma, rimasti in pratica senza più acqua e viveri, si dovettero infine arrendere ai britannici il 17 maggio dopo una strenua resistenza e per questo ottennero l'onore delle armi, reso non solo in omaggio all'alto appartenente della Casa Reale italiana. È degno di nota (e pressoché regolarmente ignorato nei libri di storia) il fatto che, poco prima della resa, il Duca avesse autorizzato gli ufficiali a lasciar tornare nei propri villaggi le truppe indigene che, con martellante frequenza, erano state minacciate dagli assedianti dell'Amba Alagi di drammatiche ritorsioni ai danni dei loro averi e delle loro famiglie qualora gli ascari non si fossero consegnati alle truppe di Sua Maestà britannica. A fronte di tale autorizzazione - come risulta dai Bollettini del SIM (Servizio Informazioni Militare) conservati presso l'Archivio Centrale di Stato di Roma, rubricati sotto l'anno 1941 - gli abbandoni non furono superiori alla quindicina di casi, tutti peraltro attuati controvoglia dai soldati indigeni che, con i loro ufficiali, avevano creato nel tempo un profondo rapporto cameratesco reso più intenso dalle difficoltà belliche.