NEWS 95                                

Symposium 14d: News of the World

Nuove incisioni rupestri in Etiopia meridionale


Luca BACHECHI

 New rock engravings in South Ethiopia.

Abstract. In February 1995, after the discovery of a locality archaeologically marked by the presence of rock-engravings, the Natural History Museum of Grosseto organised an expedition to support by documentary evidence these artistic engravings. The discovery was made by the R.E.G. (Geographic Research Exploration) Society of Scarlino (Grosseto), during a journey organised in south Ethiopia to commemorate the Centenary of the Italian expedition under the leadership of Vittorio Bottego.

The site is a shelter, with a cave lying behind, near the river Weyo, characterised by a thick archaeological deposit with many flint and obsidian instruments. The figures engraved on the walls of the shelter represent oxen and abstract forms. Human figures are rare. A connection between these figures and others discovered in central (Oda lake) and southern (Chabbe, Ben Dahir) Ethiopia and dating back to 3.000 years from today, is supported by a stylistic analysis.

 

Fig. 1a. Gesuba - Etiopia. 1: localizzazione del sito; 2: A) pianta del riparo, B) sezione del riparo. (Disegni L. Bachechi).

Fig. 1b. Gesuba - Etiopia. 1: localizzazione del sito; 2: A) pianta del riparo, B) sezione del riparo. (Disegni L. Bachechi).

La stazione preistorica di Gesuba è situata nella zona nord-occidentale della regione del Sidamo, a circa 1370 m s.l.m. (foglio 0637 B3 - 1:50.000 GESUBA - ETHIOPIA; Lat. N 06° 41’ 45’’, Long. E 37° 30’ 35’’)1.

Si tratta di una piccola grotta con riparo prospiciente che si apre in una formazione calcarea situata circa 6 metri al di sopra del livello del fiume Weyo, uno dei tanti modesti corsi d’acqua che incidono profondamente l’altopiano etiopico.

In quel punto il fiume presenta un guado presso il quale le donne e i bambini dei villaggi limitrofi si recano a prendere l’acqua e conducono il bestiame ad abbeverarsi. Il riparo viene ancora utilizzato occasionalmente come ricovero dai pastori che però non usano incidere figure sulle pareti della cavità, mentre numerose incisioni e graffiti di epoca moderna si trovano su alcune rocce localizzate in prossimità dei villaggi. Alcuni membri anziani della popolazione attribuiscono le incisioni del riparo all’opera di un personaggio leggendario non meglio precisato2.  

Il riparo misura circa 14 m di larghezza ed è profondo mediamente 3 m. La volta si trova a circa 3,5 metri di altezza dal suolo attuale che è costituito da un deposito archeologico di rilevante spessore. Le incisioni, in gran parte situate in zone della parete attualmente inaccessibili, sono tutte localizzate sulle pareti del riparo, mentre la retrostante grotta ne è priva. La patina presente sui tratti incisi si presenta abbastanza omogenea, sempre leggermente più chiara del supporto3.

Il tratto delle incisioni è esclusivamente a sezione semi-circolare. Nel dettaglio, si possono riconoscere otto nuclei principali di incisioni (procedendo da est verso ovest):

1.      gruppo composto da una figura antropomorfa maschile acefala accostata ad una figura di bovide eseguita in senso verticale. L’altezza della figura umana è di 31,2 cm; la lunghezza del bos di 60,2 cm (fig. 2, 1);

  1. pannello con figure di bovidi e simboli. Il bovide al centro misura 25,6 cm; la doppia spirale associata all’animale 9,2 cm; il simbolo solare, anch’esso associato all’animale, 16,4 cm (fig. 2, 2);

  2. grande pannello con molte raffigurazioni di bovidi e simboli. In alcuni casi le incisioni sono ormai di difficile lettura perché consunte. Al centro del pannello è presente una figura formata da file di coppelle adiacenti che per le condizioni della patina sembrerebbe più recente delle altre. Le incisioni degli animali misurano fra 20,4 cm e 39,6 cm; i segni simbolici o astratti fino a 20 cm; la figura con coppelle, complessivamente, 41,2 cm (fig. 2, 3);

Fig. 2. Gesuba - Etiopia. Rilievi delle incisioni del riparo. (Disegni L. Bachechi).

 

  1. grande pannello, adiacente al precedente, sempre composto da bovidi e simboli; le figure di animali hanno dimensioni comprese fra 20,8 e 28,4 cm;

  2. figura quadrangolare suddivisa internamente da un motivo cruciforme che crea quattro spazi; all'interno di questi sono stati eseguiti due segni di incerto significato. La patina di questa incisione appare più chiara delle altre e di conseguenza potrebbe essere più recente. Le dimensioni sono: larghezza 19,6 cm; altezza 23,6 cm (fig. 2, 4);

  3. gruppo composto da incisioni di segni circolari e di un segno semilunato. Vi sono sovrapposti numerosi segni moderni dovuti all’azione di affilatura di armi metalliche, probabilmente asce in ferro come quelle ancora oggi largamente diffuse tra la popolazione. L’ampiezza massima del motivo semilunato è di 24,8 cm (fig. 2, 6);

  4. gruppo di dodici coppelle incise profondamente nella roccia a formare una figura vagamente subcircolare. L’intero gruppo misura cm 22,2 (fig. 2, 5);

  5. complessa figura di oscuro significato: altezza max 106,8 cm; larghezza max 84,8 cm (fig. 4).

Fig. 3. Gesuba - Etiopia. Rilievi delle incisioni del riparo. (Disegni L. Bachechi).

Fig. 4. Gesuba - Etiopia. Rilievo dell'incisione posta al limite ovest del riparo. (Disegni L. Bachechi).

           A destra di quest’ultima figura dovevano esistere poche altre incisioni, ma data la maggiore esposizione agli agenti atmosferici di questa parte della parete (esterna al riparo) ne rimangono solo labili tracce non leggibili, almeno ad occhio nudo. Vista la totale mancanza di dati cronostratigrafici, i confronti ed i collegamenti fra il sito di Gesuba e le altre stazioni etiopiche con arte rupestre sono possibili esclusivamente in base ai caratteri stilistici delle figure incise. A Gesuba, come è stato rilevato in molte altre località africane con arte preistorica, si riscontrano due temi predominanti: le raffigurazioni di bovidi e di simboli; nel nostro sito la figura umana compare una volta soltanto ed in stretta connessione con quella di un bovide. Le incisioni relative ai bovidi riproducono degli animali stilizzati, esclusivamente senza gobba, disegnati di profilo e prevalentemente volti verso destra; le dimensioni delle incisioni che raffigurano questi animali sono comprese fra 20 e 40 cm circa (fig. 3, 1-6).

In Africa orientale, la sequenza cronologica dell'arte pastorale è basata quasi esclusivamente sullo stile delle figure di maggiore diffusione, quelle dei bovidi. In quest’area, la comparsa dell’arte rupestre della tarda preistoria appare caratterizzata da uno stile denominato Etiopico-arabo (Cervicek 1971 e 1979; Joussaume 1981), una corrente artistica che risulta diffusa principalmente in Arabia centrale, Hidjaz Eritrea, Etiopia e, in minor misura, in alcune zone dell’Africa settentrionale (Cervicek 1979, p. 8).

Le figure di bovidi appartenenti a questa corrente rappresentano sempre animali senza gobba, visti di profilo con la raffigurazione di una sola gamba anteriore e di una sola gamba posteriore, la testa e le grandi corna come se fossero viste dall’alto. Lo stile Etiopico-arabo è stato suddiviso in due diversi stadi (Cervicek1979; Joussaume 1981): il primo, detto di Surre dal nome del sito eponimo (Surre o Genda-Biftou) della regione etiopica dell'Harar, limitato territorialmente all’Etiopia meridionale e orientale; il secondo, detto Dahthami (Anati 1972) dal nome di una località dell'Arabia centrale, caratterizzato da una maggiore diffusione geografica (Arabia centrale, Eritrea, Etiopia orientale, Somalia settentrionale) e da una maggiore varietà di stili nei quali si registra, rispetto alle figure più antiche, una tendenza verso lo schematismo: il corpo degli animali si allunga, le corna si incurvano, le orecchie scompaiono totalmente, la testa non è più in nessun caso distinta dal corpo. La fase più recente di questo secondo stadio appare infine contraddistinta dalla comparsa, nel repertorio iconografico, dello zebù, del cammello e di una miriade di motivi schematici o astratti.

I caratteri stilistici delle nostre incisioni di bovide ben si inseriscono nell’ambito del primo stadio (Surre) dello stile Etiopico-arabo, stadio che, limitandosi strettamente al territorio etiopico, ritroviamo anche nelle località con pitture di Laga Oda (Cervicek 1971), di Laga Gafra (Cervicek, Braukämper 1975), di Genda-Biftou (Breuil 1934; Clark 1954), di Ourso (Bailloud 1963), di Wayber (Joussaume 1981), di Saha Sharifa (Von Rosen 1949; Clark 1954) e di Errer Kimiet (Von Rosen 1949; Clark 1954) nella regione dell’Harar e in quelle con altorilievi di Chabbé (Anfray 1967) e di Galma (Anfray 1976) nella regione del Sidamo.

Le nostre figure non mostrano particolarità significative se si eccettua l’esistenza di un unico esemplare femminile, peraltro inserito in un gruppo (fig. 2,2) dal significato a noi sconosciuto, ma di sicuro rilievo per gli uomini che lo hanno eseguito. Infatti, oltre che dalla figura del bovide il gruppo è completato, a sinistra, da una doppia spirale e, a destra, da un simbolo solare o stelliforme.

Il significato, come abbiamo detto, rimane oscuro. La spirale costituisce un motivo assai diffuso in tutti i paesi ed in tutte le epoche: viene associato a figure di ogni genere oppure appare isolato o formato da più segni dello stesso tipo ed è praticamente impossibile tentare di attribuirgli un preciso significato. Nel nostro caso si potrebbe ipotizzare la rappresentazione, mediante la doppia spirale, di una figura umana, creata mediante la dissociazione di alcuni elementi e attraverso una metamorfosi in senso curvilineo (Graziosi 1980, pp. 63-68). Per quanto riguarda i simboli solari, anch’essi sono largamente diffusi in tutta l’arte africana, nelle più varie tipologie, ma relativamente al loro significato non possiamo ipotizzare niente di più di un generico "culto" del sole.

In ogni caso, è da segnalare che un’associazione uomo-bovide-simbolo solare, se pur resa in modo graficamente diverso, si ritrova anche tra le pitture del sito di Laga Oda (Cervicek 1971, fig. 47). In due delle nostre figure di bovide, inoltre, si riscontra l’aggiunta posteriore di una gobba, una volta eseguita mediante incisione e l’altra tramite levigatura della parete rocciosa, che ha avuto lo scopo di trasformare un animale senza gobba in un Bos indicus e che documenta senz’altro una frequentazione del riparo in periodi più recenti poiché sappiamo che in quest’area l’introduzione dello zebù non è molto antica e probabilmente è collocabile cronologicamente solo qualche secolo prima dell’era cristiana (Clark, 1954; Cervicek 1979; Muzzolini 1983, pp. 494-517).

L’unica figura umana di Gesuba, resa con estrema stilizzazione e priva di testa, appare in collegamento con la figura di un bovide. Lo stile di questa figura, anche se non trova esatti riscontri con quelle note in Etiopia, appare comunque abbastanza vicina ad alcuni soggetti presenti nei complessi pittorici dell’Eritrea (Graziosi 1964): con un solo segmento verticale vengono rappresentati tronco e sesso, due tratti ricurvi verso il basso attraversano il tronco in due punti e riproducono le braccia e le gambe. Il fatto che la figura sia priva di testa potrebbe, in base a quanto affermato da Cervicek (1971, p. 132 e nota 49), costituire una caratteristica stilistica peculiare della corrente Etiopico-araba..

Tutti i restanti motivi, simbolici o astratti, presenti nel nostro sito appaiono meno caratterizzanti. Figure formate da uno o più segmenti, curvilinee o meno (fig. 3, 7-8), sono ampiamente diffuse ovunque in tutta la preistoria africana e in alcuni casi vengono interpretati come veri e propri marchi tribali (vedi per esempio, Clark 1954, tav. 28). Forse ad un significato similare, in quanto indicazione di possesso, è da ricondurre la figura di forma quadrangolare con due simboli e suddivisa internamente in quattro spazi (fig. 2, 4) posta all’ingresso della grotta e che, secondo alcuni membri della popolazione locale, corrisponderebbe ad una sorta di stemma tribale. Tra l'altro, non bisogna dimenticare che questa incisione, per le condizioni di patinatura, sembrerebbe più recente di tutte le altre presenti a Gesuba. Anche quello dei cerchi con croce interna (fig. 3, 10-12) è un motivo ampiamente diffuso geograficamente e cronologicamente: lo troviamo a Abka, in Sudan, a partire almeno dal 7000 a. C. (Myers 1958 e 1960); in Europa occidentale questo simbolo è connesso con il culto del sole già nel Neolitico (Maringer 1989, pp. 222-226) e gli stessi motivi simbolici si ritrovano anche nella produzione ceramica del Gruppo-C nubiano (Cervicek 1974, p. 192). In tempi moderni lo stesso simbolo viene utilizzato come marchio per i cammelli (Field 1952) e in Tanzania gli allevatori nomadi lo tracciano attribuendogli il significato di recinzione per il bestiame con lo scopo di propiziarsi le divinità (Cervicek 1971, p. 133). Moltissimi sono i significati che si potrebbero attribuire alle figure formate da gruppi di coppelle (figg. 2, 5; 3, 9); uno dei confronti più pertinenti sembra essere quello con alcune pitture del Distretto di Melsetter, nello Zimbawe (ex Rodesia), nelle quali i raggruppamenti di coppelle rappresenterebbero villaggi talvolta raffigurati con le mura ed i corsi d’acqua che li cingevano (Summers 1959, pp. 225-231).La grande figura centrale formata da file di coppelle (fig. 2, 3) probabilmente altro non è che un esemplare di Mweso (Lanning 1956), un gioco di grande diffusione in tutto il continente africano che in Etiopia prende il nome di Garre. Ricordiamo che anche la patina di questa incisione testimonierebbe una minore antichità rispetto alle altre di Gesuba. Rimangono infine di significato totalmente sconosciuto il gruppo composto da figure semilunate e circolari (fig. 2, 6) e, soprattutto, la complessa figura posta al limite ovest del riparo (fig. 4). Quest'ultima potrebbe forse rappresentare una mappa? L’unica nostra certezza è che le linee che la compongono risultano tutte senza dubbio contemporanee. Nel complesso, se si eccettuano lo "stemma" situato vicino all’ingresso della grotta, il "gioco" composto da file di coppelle e le gobbe applicate ai due bovidi di cui abbiamo detto sopra, tutte le incisioni di Gesuba sembrerebbero risalire alla stessa epoca. Alcune perplessità rimangono a proposito dei motivi schematici o astratti, consistenti in simboli geometrici o stilizzati, che generalmente appartengono al repertorio della fase più tarda del secondo stadio (Dahthami) dello stile Etiopico-arabo e spesso sono associati a raffigurazioni di zebù e cammelli (quest’ultimo soggetto però non è presente a Gesuba). Gli unici dati utili per dare un inquadramento cronologico alle incisioni di Gesuba, mancando completamente quelli provenienti dalle evidenze archeologiche, sono costituiti dai caratteri stilistici delle incisioni di bovide che, come abbiamo visto, rientrano nel primo stadio dello stile Etiopico-arabo. Le affinità stilistiche tra questa corrente artistica e la cultura materiale (Clark 1970, p. 206) e l’arte (Cervicek 1974, pp. 182-183a) del Gruppo-C nubiano, ci suggeriscono una collocazione cronologica di quelle manifestazioni artistiche tra le fine del III ed il corso del II millennio a.C. (Cervicek 1979; Joussaume 1981) e in tal senso andranno dunque inquadrate anche le incisioni di Gesuba.

Fig. 5a. Gesuba - Etiopia. veduta del riparo. (Fotografia L. Bachechi).

Fig. 5b. Gesuba - Etiopia. 2: veduta generale della parete est. ( L. Bachechi).

Pur non avendo potuto effettuare scavi in quanto siamo stati autorizzati esclusivamente ad effettuare rilievi grafici e fotografici delle opere d’arte, dobbiamo infine segnalare che sono stati osservati sul posto alcuni materiali presenti sulla superficie del deposito: si tratta di un’industria microlitica prevalentemente in ossidiana, contenente strumenti a dorso (anche di forma semilunare) e grattatoi. Questo complesso sembra corrispondere a quelle industrie definite fino a qualche anno orsono "wiltoniane", industrie caratteristiche dell'Africa subsahariana e che sono state rinvenute anche nei depositi di varie grotte con manifestazioni artistiche (Van Rosen 1949; Clark 1954; Clark, Prince 1978). Purtroppo però, dal punto di vista cronologico anche questo dato non può esserci d’aiuto poiché si tratta di complessi esistenti almeno a partire dal IV millennio a.C e che vengono prodotti anche in tempi moderni (Clark 1954, pp. 260-292; Joussame 1981, p. 159).

In conclusione, la nuova stazione preistorica di Gesuba, viene a costituire un ulteriore documento della fioritura che l’arte deve aver raggiunto nell’area etiopica durante i millenni immediatamente precedenti la nostra era, un'arte nella quale la posizione dominante della raffigurazione di bovidi doveva certamente corrispondere al ruolo che questi animali ricoprivano nell’ideologia delle popolazioni indigene dedite prevalentemente alla pastorizia; allo stesso tempo arricchisce le nostre conoscenze per una zona, quella dell’Etiopia meridionale, che sotto il profilo archeologico rimane ancora tutta da scoprire. In prospettiva inoltre, considerata la situazione archeologica che lo interessa e mediante l'effettuazione di scavi sistematici, il sito di Gesuba potrebbe certamente fornire preziosi dati di ordine culturale e cronologico che contribuirebbero a colmare la grande lacuna relativa alla preistoria recente dell’Africa orientale, una lacuna essenzialmente dovuta alle limitate evidenze archeologiche di cui fino ad oggi disponiamo.

Prof. Luca BACHECHI
Dipartimento di Scienze dell'Antichità
Università degli Studi di Firenze
FIRENZE - ITALY

NOTE

  1. La scoperta della località è dovuta ai membri della società R.E.G. (Ricerche Esplorazioni Geografiche) di Scarlino (Grosseto) che nel febbraio-marzo 1994 avevano organizzato una spedizione per ripercorrere parte dell’itinerario effettuato dall’esploratore italiano Vittorio Bottego alla fine del secolo scorso (1895-1897) in Etiopia meridionale. La spedizione era la prima del progetto "Etiopia 100 anni dopo Vittorio Bottego", patrocinata della Società Geografica Italiana e del Museo di Storia Naturale di Genova. In questa prima parte della spedizione fu effettuato il percorso, a piedi, dal lago Abaye fino al fiume Omo e proprio in quest’occasione, sulla via del ritorno, alcuni membri della R.E.G, localizzarono una grotta con alcune figure incise nei pressi del villaggio di Gesuba, circa 30 km a sud della cittadina di Soddu. Della scoperta furono messi al corrente, oltre le preposte autorità etiopiche, anche i collaboratori del Museo di Storia Naturale di Grosseto, organismo che in seguito decise di organizzare un gruppo di lavoro con lo scopo di rilevare e fotografare le nuove incisioni. Così, nel febbraio-marzo 1995, in concomitanza con la seconda parte della spedizone della R.E.G., che prevedeva stavolta la discesa del fiume Omo per circa 400 km fino al lago Turkana, e con a disposizione i mezzi della stessa società, quattro collaboratori del Museo di Storia Naturale di Grosseto (M. Bastianini, C. Cavanna, G. Lombardi, A. Sforzi) sotto la guida dello scrivente sono partiti alla volta di Addis Abeba da dove, dopo aver incontrato alcuni responsabili del Ministero della Cultura etiopico, si sono diretti verso il sito in oggetto.

2.  Non è escluso che questo personaggio leggendario possa essere identificato, per l’assonanza del nome     pronunciato dalla popolazione attuale, con il conquistatore islamico Ahmad b. Ibrahim, soprannominato Grañ, vissuto nella prima metà del XVI secolo, e al quale, per tradizione, vengono attribuite anche le emergenze megalitiche presenti in quest' area geografica (Cervicek 1975, p. 49, nota 5).

2.     Il problema del valore da attribuire alle patine come indicatore di cronologia relativa è stato ed è oggetto di discussione da parte degli studiosi; in effetti se i dati ottenibili da uno studio indirizzato a questa problematica possono essere utilizzati per dei confronti nell’ambito di uno stesso sito o di più siti che presentino le stesse caratteristiche geofisiche, diviene più arduo utilizzarli in un ambito più ampio a causa di tutta una serie di fenomeni naturali che influiscono in maniera diversa sul supporto a seconda di come cambiano le condizioni ecologiche-ambientali (vedi per es. Muzzolini A., 1986, pp. 35-38).

 


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